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Fintech: la grande sfida europea

In 3 sorsiL’innovazione tecnologica sta cambiando rapidamente e strutturalmente le economie e le società di tutto il mondo e nel prossimo futuro potrebbe stravolgere anche l’industria finanziaria. Di fronte a questo fenomeno globale in continua evoluzione, l’Unione Europea cerca di cogliere la sfida epocale lanciata dal fintech.

1. UN’OCCASIONE SENZA PRECEDENTI

Il Mercato unico europeo ha recentemente compiuto 25 anni, ma per diventare pienamente “maturo” ha bisogno di inserire altri due tasselli al suo mosaico: l’Unione dei mercati dei capitali e il Mercato unico digitale. La costruzione di questi due pilastri dell’Unione europea condurrebbe una maggiore integrazione ed efficienza sul piano comunitario, accrescendo la condivisione dei rischi tra gli Stati membri, sfruttando le economie di scala e rafforzando le “difese immunitarie” delle ventisette economie da futuri shock. Nella realizzazione delle due iniziative Bruxelles può trovare un valido alleato nell’innovazione delle tecnologie moderne, in particolare in quella della financial technology o fintech. Quest’ultima è un’espressione complessa da decriptare e, nonostante sia sempre più utilizzata anche tra i non addetti ai lavori, manca di una definizione universalmente accettata, a dimostrazione della natura altamente mutevole e sfuggente del fenomeno che si nasconde dietro a tale locuzione.
Un rapporto pubblicato dal Financial Stability Board e dal Committee on the Global Financial System, organismi internazionali che perseguono la stabilità del sistema finanziario globale, definisce fintech come «innovazione finanziaria resa possibile dalla tecnologia, che può concretizzarsi in nuovi modelli di business, applicazioni, processi o prodotti, producendo un effetto rilevante sui mercati finanziari, sulle istituzioni finanziarie e sulla prestazione dei servizi finanziari». Si tratta di un’ampia area di strumenti, che permette di ridurre i costi di transazione, ovvero tutti quei costi in termini di tempo, lavoro e denaro che ciascuna controparte in un’operazione finanziaria deve sostenere per cercare informazioni e identificare l’altra, per negoziare, stendere e implementare il contratto concordato con fiducia reciproca. È evidente che la disponibilità e la gestione di questi mezzi tecnologici potrebbero avere ricadute notevoli sulle tradizionali modalità di intermediazione, cioè il settore bancario – particolarmente sviluppato nell’Europa continentale – e i mercati dei capitali.

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Fig. 1 – Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis

2. UN FENOMENO AMPIO E DINAMICO

Fintech si può declinare in molteplici modi e, anche se non esiste ancora una rigida e unica classificazione, si possono suddividere le attività di questo universo a seconda del segmento di mercato investito, cioè del tipo di servizio erogato: credito, pagamento e trasferimento, assicurazione e consulenza. Il crowdfunding, le criptovalute e il meccanismo che è alla loro base, i servizi di insurtech e robo-advisory sono alcune delle tante soluzioni rivoluzionarie per le economie e le società del futuro. Le tipologie di crowdfunding, tra cui i prestiti peer-to-peer (tra pari), sono forme di intermediazione alternativa e collettiva perché il ruolo di collante tra chi cerca fondi e la folta schiera di investitori (la folla, crowd) non è ricoperto, per esempio, da una banca, ma da una piattaforma on-line. Le criptovalute sono esempi di metodi di pagamento fondati sulla blockchain, la quale costituisce un database decentralizzato dove l’autenticazione delle transazioni si basa sul consenso di tutti i partecipanti (nodi della rete). Le monete virtuali non sono sottoposte alla regolazione di alcuna Autorità centrale di emissione. Per quanto riguarda il comparto assicurativo, esso potrebbe mutare con lo sviluppo dei sistemi di insurtech, capaci di eliminare tutti problemi di informazione asimmetrica che caratterizzano il settore: per esempio l’uso della profilazione delle persone grazie all’analisi dei big data (enorme ed eterogenea quantità di dati che rilasciamo quotidianamente con le nostre azioni, come quando navighiamo su internet o acquistiamo un prodotto con la carta di credito) potrebbe produrre contratti personalizzati su misura della clientela. Da ultimo, per robo-advisory si intende tutti quei servizi on-line di consulenza automatizzata che, servendosi di algoritmi, ottimizzano la gestione del portafoglio finanziario dei risparmiatori: l’elemento umano potrebbe addirittura scomparire.
Recenti studi pubblicati dall’istituto di ricerca Cambridge Centre for Alternative Finance (Università di Cambridge) e dal think-tank Bruegel mostrano come nelle maggiori aree economiche, ovvero Cina, Stati Uniti, Regno Unito ed Europa (membri e non membri UE, ma senza il Paese d’Oltremanica), la fintech abbia un peso minimo rispetto all’intermediazione finanziaria tradizionale, ma stia vivendo una fase di boom. Tuttavia, al di là di un trend globale dello stesso segno, il Vecchio continente è il fanalino di coda di questa classifica: nel 2015 il settore finanziario “alternativo”, a guida franco-tedesca, valeva complessivamente circa 1 miliardo di dollari contro i 55.637 miliardi di quello tradizionale, mentre il suo volume è sestuplicato tra il 2013 e il 2016 e cresciuto del 101% tra il 2015 e l’anno successivo. Anche se non sono ancora chiari i futuri rapporti tra le due parti, Brexit, o meglio l’uscita di Londra, rappresenta un duro colpo per il Mercato unico e lo sviluppo della tecnofinanza. Nella frenetica corsa all’innovazione la Cina è davanti a tutti, anche agli USA: le sue attività fintech ammontavano a 102 miliardi di dollari tre anni fa e hanno quasi quadruplicato (+387%) la loro portata tra il 2014 e il 2015. Di fronte a questo gap l’Unione Europea ha deciso di darsi una strategia di lungo termine.

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Fig. 2 – Tra le applicazioni della tecnologia blockchain c’è il Bitcoin, ma non solo

3. LE MOSSE DELL’UNIONE EUROPEA

Su invito del Parlamento europeo e del Consiglio europeo e a seguito di una consultazione pubblica tra marzo e giugno 2017, l’8 marzo scorso la Commissione europea ha presentato alle altre Istituzioni comunitarie il Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo. La strategia consta di 19 iniziative da attuare nei prossimi due anni e volte a favorire, diffondere e disciplinare le soluzioni fintech, oggi perlopiù di natura domestica, a livello UE. L’obiettivo è trovare un saggio equilibrio tra l’ambizione di sfruttare questo enorme “contenitore” di opportunità, di competitività e di inclusione, elevando l’Europa a leader mondiale dell’innovazione tecnologica, e l’esigenza di salvaguardare la stabilità del sistema finanziario e la tutela di consumatori e di investitori: è necessario disegnare quadri di regolamentazione e vigilanza adeguati, perché i rischi esistono (si pensi al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo attraverso le criptoattività), ma senza soffocare un mercato che sta germogliando.
Sono essenzialmente tre i temi, toccati dal piano, che l’esecutivo comunitario deve trattare insieme alle tre Autorità europee di vigilanza (Autorità bancaria europea, Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali, Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e alle Autorità di vigilanza nazionali. In primo luogo, appare indispensabile un adeguamento o addirittura una profonda, anche se attualmente poco probabile, revisione dell’impalcatura legislativa e attuativa dell’Unione in ambito finanziario. Ad esempio, l’assenza di armonizzazione tra le normative dei vari Stati membri e la differenza di approccio da parte delle autorità di vigilanza nazionali rappresentano un ostacolo all’espansione delle piattaforme elettroniche di crowdfunding, utilizzato specialmente da start-up e piccole imprese in crescita. La Commissione ha dunque presentato una proposta di regolamento che, se adottato, permetterà ai fornitori di tali servizi di usufruire di un passaporto europeo in modo da diventare player significativi all’interno del Mercato unico.
In secondo luogo vi è l’esigenza di comprendere un fenomeno in continua evoluzione da parte degli organismi di regolamentazione e vigilanza: il grado di perturbazione, ampiezza e dinamicità delle attività fintech può essere talmente elevato da richiedere una certa cautela. A questo proposito Bruxelles intende promuovere in tutta l’Unione i cosiddetti “facilitatori fintech“, strutture già in essere in tredici Stati membri. Questi meccanismi, nella forma di poli di innovazione o di spazi di sperimentazione normativa, rendono possibile alle Autorità e alle imprese di finanza “alternativa” di discutere, conoscersi e testare limitatamente le nuove applicazioni tecnologiche proprio per introdurre gradualmente i nuovi attori all’interno di un sistema coerente di autorizzazione e controllo. Inoltre l’Osservatorio e forum dell’UE sulla blockchain, inaugurato a febbraio, è incaricato di monitorare gli sviluppi e individuare le potenzialità e le minacce dell’utilizzo sistemico di tale tecnologia di registro distribuito, tenendo aggiornati i portatori di interesse. Verrà attivato a breve anche un laboratorio dell’UE per le tecnologie finanziarie, l’EU FinTech Lab, per sviluppare conoscenze e capacità in seno alle Autorità di vigilanza e di regolamentazione grazie al dialogo con le aziende fornitrici dei servizi.
In terzo luogo, un’altra priorità, forse la maggiore, è quella di tutelare la cybersicurezza e aumentare la cyberresilienza del sistema finanziario europeo, visti l’elevato e crescente numero e il carattere internazionale degli attacchi informatici. Se fintech penetrerà sempre di più in questo tipo di industria e si diffonderà a livello comunitario, allora è indispensabile porre basi solide contro eventuali derive catastrofiche per le economie e le società del domani. In questo caso diventa decisivo incentivare l’accesso e la condivisione delle informazioni sui rischi tra i vari operatori del settore, l’istruzione digitale e una maggiore cooperazione non solo europea, ma globale.
Bruxelles è chiamata a fare i conti con tutto ciò. La rivoluzione che fintech si prepara a scatenare nel prossimo futuro potrà avere molti vincitori solo se l’UE sarà capace di implementare un progetto paradigmatico di ampio respiro, con largo anticipo rispetto ai suoi competitor e che vada a beneficio della realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali e del Mercato unico digitale.

Roberto Italia

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

L’impatto di fintech potrebbe essere ancora più grande se entrassero massicciamente sui mercati finanziari le grandi società digitali (come Amazon o Google), definite techfin. La differenza tra i due termini, per quanto sottile, sta nel diverso intento che guida i due tipi di fornitori di servizi tecnologici: i giganti techfin si servono dell’innovazione, in primis i big data, non tanto per sostituire i tradizionali modelli di intermediazione, come perseguono gli attori fintech, quanto per migliorarli. [/box]

Foto di copertina di Monito – Money Transfer Comparison Licenza: Attribution License

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Sono nato a Verona nel 1995. Appassionato di politica ed economia internazionale, in particolare a livello europeo, mi sono laureato in Scienze politiche e delle relazioni internazionali e successivamente in Economics all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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