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Petrobras: ascesa e declino della più grande compagnia energetica brasiliana

In 3 sorsi Petrobras è la compagnia petrolifera del Brasile, che da decenni ha il controllo delle enormi riserve energetiche del Paese. Tuttavia, il crollo del prezzo delle materie prime e gli scandali politici ed economici hanno fortemente indebolito la compagnia, gettando ombre sul suo futuro

1. LE ORIGINI – Petrobras (Petróleo Brasileiro S.A.) venne creata nel 1953 (stesso anno della nascita dell’italiana ENI) dal Governo del Presidente Getulio Vargas, come parte della sua politica di nazionalizzazione delle risorse naturali del Paese. Grazie all’aiuto pubblico, Petrobras, alla quale venne affidato il monopolio della produzione di risorse energetiche, seppe svilupparsi molto rapidamente, specializzandosi nell’estrazione di petrolio da scisto (shale oil). In pochi anni la compagnia petrolifera si gettò nel campo dello sfruttamento di giacimenti offshore, divenendo rapidamente uno dei leader del settore. Nonostante il suo successo, Petrobras, insieme alle altre compagnie energetiche del resto del continente, non sfuggì all’ondata di privatizzazioni messa in atto tra gli anni Ottanta e Novanta da parte dei Governi dell’America latina, colpiti dalla crisi economica e strozzati da livelli di debito insostenibili. Tale processo, però, non fu omogeneo ovunque. Alcuni Paesi, infatti, privatizzarono completamente le proprie aziende, come per esempio nel caso della compagnia argentina YPF. Al contrario, il Brasile si limitò ad aprire solo parzialmente il proprio mercato interno, mantenendo però intatto il proprio controllo di Petrobras, che in quegli anni arrivò a produrre fino ad un milione di barili al giorno. Grazie al supporto pubblico e alle difficoltà delle compagnie rivali, Petrobras si espanse notevolmente anche nei Paesi vicini, come Bolivia, Ecuador, Perù ed Argentina, riuscendo in questo modo già nel 2002 a raddoppiare la propria produzione giornaliera.

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Fig.1 – Una piattaforma petrolifera di Petrobras al largo di Rio de Janeiro

2. L’EPOCA DI LULA – L’avvento al potere nel 2002 di Luiz Inácio da Silva (più comunemente Lula) diede ulteriore slancio allo sviluppo di Petrobras. Il nuovo Presidente socialista, infatti, non bloccò le concessioni ad altre compagnie internazionali, ma al contrario stabilì che la compagnia avrebbe dovuto avere una partecipazione almeno del 30% in ogni progetto di sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas naturale brasiliano. Negli anni Duemila, Petrobras aumentò vertiginosamente la propria produzione, grazie anche alla scoperta di alcuni giganteschi giacimenti petroliferi nel Bacino di Santos e di Campos, al largo delle coste di Rio de Janiero. Questi giacimenti sono chiamati Pré Sal, in quanto posizionati sotto un largo strato di sale, sabbia e rocce a circa 5.000-7000 chilometri sotto la superficie del mare. Le riserve di questi giacimenti sono enormi, tuttavia gli altissimi costi della tecnologia necessaria per sfruttarli hanno costretto Petrobras a svilupparne solo alcuni, incorrendo al contempo in pesanti debiti.
Al di fuori del mercato brasiliano, Petrobras ha avviato una serie di importanti progetti di sviluppo in Africa –  soprattutto in Angola – ed in Cina, mentre al contrario ha mostrato un interesse più ridotto per il mercato sudamericano, di dimensioni molto più modeste. In questo campo, gli investimenti principali sono avvenuti in Argentina ed in Bolivia dove Petrobras ha ottenuto una posizione dominante. Nel Paese andino la situazione è tuttavia radicalmente mutata nel 2006, in seguito alla decisione del presidente Evo Morales di nazionalizzare le risorse energetiche del Paese e di affidarle nuovamente alla compagnia di bandiera YPFB, chiedendo allo stesso tempo alle compagnie straniere altissime royalties. Tuttavia, le difficoltà economiche della neo-rifondata YPFB ed il bisogno di tecnologie avanzate hanno permesso a Petrobras di mantenere la maggior parte dei propri investimenti nel mercato boliviano, riducendo inoltre l’entità delle royalties al 50%. Per quanto invece riguarda il Mercosur, organizzazione regionale di cui il Brasile è il membro principale, la collaborazione energetica tra i membri è praticamente nulla, ed i progetti per sviluppare una rete di oleodotti e gasdotti per migliorare il rifornimento energetico continentale non sono mai partiti, soprattutto a causa della rivalità tra Petrobras e YPF per lo sfruttamento delle risorse boliviane.

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Fig.2 – Lula e Dilma Rousseff con l’ex presidente Petrobras Sergio Gabrielli.

3. SITUAZIONE ATTUALE: SCANDALI E DECLINO – Negli ultimi anni, Petrobras si è fortemente indebolita a causa della caduta del prezzo del petrolio, che ha ridotto l’utile della compagnia e fatto aumentare a dismisura il debito. A causa della difficile situazione economica, Petrobras è stata costretta a bloccare i progetti di sfruttamento di molti giacimenti, che sono rimasti così abbandonati. A dare il colpo finale alla compagnia è stato lo scoppio di uno scandalo di dimensioni enormi, l’Operazione Lava Jato.
Lo scandalo è nato da un’inchiesta per riciclaggio di denaro da parte di un gruppo di affaristi e prestanome, che, tra le altre cose, utilizzava per i suoi fini una rete di lavanderie e stazioni di benzina (da cui il nome Lava Jato, ovvero autolavaggio). L’operazione si è allargata nel giugno del 2014 quando un ex direttore di Petrobras Paulo Roberto Costa, incriminato per aver ricevuto delle tangenti, ha deciso di confessare e di collaborare con l’inchiesta. Grazie alle rivelazioni di Costa l’indagine, condotta dal giudice federale Sérgio Moro, ha portato alla luce un enorme sistema di corruzione e tangenti, in cui i vertici della compagnia petrolifera, insieme a quelli delle altre grandi industrie del Paese come il gruppo edilizio Oderbrecht, sistematicamente gonfiavano i propri contratti dall’1 al 3 per cento e con il denaro così ricavato finanziavano illegalmente i partiti politici del Paese, in cambio di protezione legale e posizioni privilegiate nelle gare d’appalto. Il sistema di corruzione era esteso a tutta la classe politica del Paese, e coinvolgeva tanto i partiti di governo, come il PT (Partito dei Lavoratori, il partito di Lula e di Rousseff) ed il PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano), quanto i partiti d’opposizione, come il PP (Partito Progressista). Tra i molti nomi eccellenti coinvolti nell’inchiesta ci sono Joao Vaccari, tesoriere del PT, il presidente della Camera Eduardo Cunha (PMDB), il presidente del Senato Renan Calheiros (PMDB) e lo stesso ex presidente Lula. Anche la Presidente Dilma Rousseff, pur non formalmente indagata, è stata vittima dello scandalo, in quanto molti tra politici ed esponenti dell’opinione pubblica hanno posto in dubbio la sua estraneità ad un sistema di corruzione così ramificato, soprattutto date le sue cariche come presidente e precedentemente membro del consiglio direttivo di Petrobras. Tali sospetti hanno gravemente danneggiato la sua figura, già profondamente minata dalla crisi economica brasiliana, ed hanno avuto un peso consistente anche nel suo processo di impeachment.

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Fig.3 – una protesta in Brasile contro Lula e Dilma Rousseff.

Lo scandalo Lava Jato ha profondamente minato Petrobras. Oltre all’ingente danno d’immagine, infatti, la compagnia ha già subito danni per oltre 2 miliardi di dollari e negli Stati Uniti sta affrontando una class action con l’accusa di aver gonfiato il valore di più di 98 miliardi di azioni nel corso degli ultimi anni. Anche il nuovo governo brasiliano guidato da Michel Temer sembra essere ostile a Petrobras, e da pochi giorni ha proposto una legge per flessibilizzare il mercato energetico brasiliano, in modo da cancellare il regime di quasi monopolio della compagnia di bandiera. Se questa misura da un lato permette ad altre compagnie di sfruttare le ricchezze del sottosuolo brasiliano, dall’altro rischia di dare il colpo di grazia a Petrobras, che impiegherà anni per tornare ai fasti pre-crisi e per ristabilire tra i Brasiliani il rispetto di cui fino a pochi anni fa aveva goduto.

Umberto Guzzardi

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Per chi volesse approfondire la storia della compagnia rimandiamo al sito ufficiale [/box]

Foto di copertina di Agência Brasil pubblicata con licenza Attribution-NonCommercial-ShareAlike License

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Umberto Guzzardi
Umberto Guzzardi

Nato a Novara nel 1991, appassionato di geopolitica, relazioni internazionali, storia antica e moderna, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna campus di Forlì. Ha trascorso vari periodi di studio all’estero, tra cui uno in Lituania ed un altro a Buenos Aires. Attualmente viaggia spesso per lavoro tra Europa e Africa.

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