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COP25: la lotta al cambiamento climatico è solo a parole

AnalisiIl cambiamento climatico è evidente e per contrastarlo i Governi mondiali si sono incontrati a Madrid per tradurre in misure concrete l’Accordo di Parigi del 2015. Anche in questo summit, però, gli interessi economici nazionali hanno continuato a prevalere su quelli ambientali internazionali.

L’AUMENTO DELLE TEMPERATURE GLOBALI

La Conferenza Mondiale sul Clima (COP25), organizzata dalle Nazioni Unite, svoltasi tra il 2 e il 13 dicembre scorsi, è nata sotto i peggiori auspici. Inizialmente, il summit doveva infatti svolgersi a Santiago del Cile ma in seguito ai disordini civili nella capitale cilena è stato spostato a Madrid.
Lo scopo dell’incontro era quello di assumere impegni concreti per il raggiungimento dell’obiettivo chiave dell’Accordo di Parigi. Tra i quali una forte riduzione dei gas serra allo scopo di contenere l’incremento della temperatura globale entro fine secolo a 1,5°.

Questa soglia, come temono diversi scienziati e osservatori ambientali, potrebbe rischiare di essere superata prima della data prevista. Lo stato dei ghiacciai perenni e del permafrost sono naturali indicatori delle temperature. Il loro rapido scioglimento, in varie parti del mondo, indica che la temperatura in quelle aree si è già alzata di alcuni gradi. Per esempio la scorsa estate, nel mese di luglio, in Groelandia l’innalzamento anomalo è stato di 13° e il caldo ha sciolto in un solo giorno 10 miliardi di tonnellate di acqua. Un altro anomalo aumento di temperatura marina registrato al di fuori della norma è stato nella baia di LeConte (Alaska) : 6° sopra la media stagionale. Lo spessore del ghiaccio sciolto giornalmente è stato tra i 150 cm nel mese di maggio e i quasi 5 metri nel mese di agosto.

L’AUMENTO DEL LIVELLO DEL MARE

Secondo la Società Meteorologica Italiana, lo scioglimento dei ghiacciai, in particolare quelli di montagna, contribuisce annualmente a innalzare di circa un millimetro il livello del mare.
L’innalzamento del livello del mare è stato un fattore importante nell’aumento dei numerosi ed eccezionali picchi di ‘acqua alta’ che hanno colpito Venezia, così come delle rovinose mareggiate che hanno colpito le coste del Mediteranneo a fine anno scorso.
Altri importanti esempi di effetti degli sconvolgimenti climatici in corso sono i disastrosi incendi boschivi e lo sbiancamento della barriera corallina in Australia. Inoltre molti ecosistemi marini sono stati alterati e ‘l’atlantificazione’ nelle isole Svalbard in Norvegia ne è un esempio significativo.

Le alte temperature sono inoltre dannose per la salute umana, come confermano le statistiche sui decessi causati dal fenomeno delle “isole di calore” registrate in varie parti del mondo.
Secondo le Nazioni Unite tra siccità, cicloni, allagamenti, ecc ogni settimana si verifica da qualche parte del mondo un disastro climatico di eccezionale portata.
Non sono facilmente calcolabili invece i danni causati dal cambiamento climatico sull’agricoltura, allevamento, silvicoltura e turismo, ma è facile intuire che siano molto alti.

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Fig. 1 – Manifestazione di protesta durante la COP25 di Madrid, 11 dicembre 2019

COSA STANNO FACENDO I GOVERNI MONDIALI?

Secondo l’Organizzazione Mondiale Meteorologica nel 2018 la concentrazione dei gas ha raggiunto il livello record di 407,8 ppm.
Alcuni Paesi asiatici come Vietnam, Cambogia e Filippine hanno avviato valide politiche per la salvaguardia delle foreste nazionali e contrastano l’inquinamento atmosferico con normative più stringenti.
In Europa si è riuscito a ridurre i livelli di gas serra, ma i risultati sono stati invece pessimi in Paesi sovraffollati come India e Cina. Inoltre i Governi di Cina, Giappone e Arabia Saudita non vogliono rinunciare ai combustibili fossili come fonte di energia economica. La delegazione di Pechino prevede addirittura di raggiungere il picco di emissioni nel 2030.

Gli USA, secondo produttore mondiale di gas serra, hanno ribadito la volontà di ritirarsi dagli accordi di Parigi. Tuttavia, il processo potrà essere portato a compimento solo se il presidente Trump verrà rieletto. Al tempo stesso gli USA si sono rifiutati di finanziare il fondo per gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo e assieme all’Australia si sono opposti ai finanziamenti per il fondo per la lotta ai danni ambientali. Gli USA poi, come il Canada, non vieteranno la realizzazione di infrastrutture per lo sfruttamento dei combustibili fossili.

A peggiorare il quadro, c’è la scarsa attenzione ambientale di Paesi come Cile, Messico, Colombia, Argentina e Brasile. Quest’ultimo ha visto bruciare solo nel mese di agosto 2019 ben 29.944 km² di foresta amazzonica. Il Presidente Bolsonaro è convinto che l’allarmismo climatico sia esagerato e si è addirittura reso indisponibile ad ospitare la COP25. In questo contesto, solo le pressioni internazionali hanno consentito di tenere alta l’attenzione sul problema della gestione della foresta amazzonica.

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Fig. 2 – Greta Thunberg durante la manifestazione dei Fridays for Future di Torino, 13 dicembre 2019

IL SUMMIT SOCIALE PER IL CLIMA

Si è svolto nell’Università Complutense di Madrid in concomitanza con la COP25 il Summit Sociale per il Clima. Il forum, organizzato da gruppi indigeni cileni e attivisti ambientali provenienti da tutto il mondo, ha ribadito come le lobby, il capitalismo e gli interessi economici continuino ad avere la meglio sulla difesa della natura.
Valutazione che è stata confermata dai risultati della COP25, definiti da molti commentatori “fallimentari”. I fondi finanziari raccolti risultano insufficienti mentre i dissidi tra gli Stati membri dell’Unione Europea, soprattutto quelli dell’Europa orientale, non hanno permesso di sottoscrivere l’accordo di ‘zero emission’ per il 2050.

La pressione mediatica e le continue manifestazioni ambientalistiche non sono serviti a far raggiungere un accordo tra i Paesi coinvolti nel summit. Si è solo raccolta la disponibilità da parte dei Governi a incontrarsi nuovamente per negoziare accordi più stringenti.
Il summit è stato caratterizzato dalla divisione tra i Paesi industrializzati con quelli in via di sviluppo. I Paesi industrializzati come USA, Australia e Canada sono interessati solo a salvaguardare i propri interessi economici e finanziari. Mentre i Paesi in via di sviluppo come quelli africani non riescono a fronteggiare i danni causati del riscaldamento globale. L’Africa è uno dei continenti meno inquinanti e nello stesso tempo più sensibile ai cambiamenti climatici, ma non ha la capacità finanziaria e politica di influenzare le scelte internazionali.

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Fig. 3 – Discorso dell’attore americano Harrison Ford durante il vertice di Madrid, 10 dicembre 2019

CONCLUSIONI

Purtroppo è evidente, come più volte ribadito dal summit degli attivisti e dalla giovane ambientalista Greta Thunberg, che gli interessi delle lobby e delle nazioni più ricche continuino ad avere il sopravvento sugli interessi globali.
Singolarmente, le persone non sono in grado di influenzare le scelte macropolitiche perché sono gli interessi economici a dettare in generale le regole. Tuttavia noi consumatori, proprio partendo da questa constatazione, possiamo quotidianamente contribuire alla salvaguarda dell’ambiente assumendo comportamenti responsabili.

Per esempio, scegliendo di comprare oggetti a zero impatto ambientale o utilizzare servizi e prodotti ecosostenibili. Un esempio sono i cibi biologici imballati con materiali completamente biodegradabili oppure muoversi a piedi, in bicicletta o con mezzi di trasporto pubblici che non usino combustibili fossili, ecc. Chi ha un giardino o un terreno, per esempio, potrebbe scegliere di piantare alberi o cespugli anzicché lastricare il terreno.
La terra è un luogo unico, è responsabilità di tutti cercare di curarla.

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Nata nella città di Ho Chi Minh sono residente in Italia da quando avevo 5 anni. Ho una laurea triennale in Lingue, Culture e Società dell’Asia Orientale e una Laurea magistrale in Relazioni Internazionali Comparate (Asia-Europa) conseguito presso L’Università Ca’ Foscari di Venezia. In coerenza con i miei studi, mi interesso di relazioni economiche, sociali e politiche tra i paesi asiatici  e i paesi membri dell’Unione Europea.

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