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CETA: l’accordo commerciale di libero scambio tra Unione Europea e Canada

Unione Europea e Canada hanno raggiunto l’accordo definitivo, tra le critiche, sul Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), descrivendolo come il più innovativo e lungimirante tra gli accordi commerciali internazionali ad ora in vigore

L’ACCORDO – Il 30 ottobre 2016 è sicuramente una data da ricordare. L’Unione Europea e il Canada firmano il CETA, documento tanto atteso dalle istituzioni dei due paesi, quanto criticato da gruppi di pressione, Ong e una parte della società civile. L’accordo, dopo sette anni di negoziati, è stato presentato dai rappresentanti dell’Unione Europea come una grande opportunità di crescita economica e un’occasione per dimostrare al mondo di essere compatti politicamente e lungimiranti verso le sfide globali future. Il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker ha definito il trattato “il nostro migliore e più progressista accordo commerciale” che porterà beneficio non solo alle aziende europee e canadesi ma ai cittadini stessi di entrambi i paesi, sostenendo la creazione di posti di lavoro in Europa. Ciononostante, il trattato ha incontrato diverse critiche, che nel caso della Vallonia, hanno messo in pericolo la validità stessa dell’accordo. Anche gruppi di pressione e una parte dell’opinione pubblica europea mettono in evidenza molti punti critici che potrebbero danneggiare settori chiave dei paesi membri. Due visioni fortemente in contrasto tra di loro che sicuramente non aiutano ad avere un’idea chiara e oggettiva del trattato commerciale tra UE e Canada.

IL “NO” DELLA VALLONIA – Il 18 ottobre il trattato è diventato un caso politico in Europa dopo che la Vallonia ha votato con una larga maggioranza contro l’accordo commerciale di libero scambio tenendo in ostaggio per qualche giorno l’Unione stessa e bloccando il primo passo verso la ratifica del trattato. L’opposizione del Parlamento autonomo della Vallonia, infatti, impediva al Governo belga di siglare il trattato in sede di Consiglio. A Bruxelles, nei giorni che hanno preceduto la firma dell’accordo, in molti erano preoccupati che il fallimento avrebbe portato ad una crisi dell’Unione ed è dilagato un certo imbarazzo tra i promotori del CETA. La decisione del Parlamento della Vallonia, ha dunque provocato un terremoto politico in Europa ed ha evidenziato una certa incapacità e debolezza politica dell’Europa a prendere decisioni comuni senza mostrare spaccature interne. Se Bruxelles ha dovuto gestire in pochi giorni le divisioni interne, i futuri partner commerciali dell’UE guardano al CETA come un ultimatum per capire se l’Unione Europa sarà in grado di siglare altri importanti accordi commerciali in futuro o no.

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Fig. 1 – Il Presidente della Vallonia Paul Magnette parla durante un meeting sul CETA al Parlamento della Vallonia a  Namur, Belgio il 18 ottobre 2016. L’Unione Europea ha dato al Belgio un ultimatum per approvare il CETA

CHE COSA PREVEDE IL NUOVO ACCORDO TRA UE E CANADA – I leader europei si sono incontrati a Bruxelles giovedì 27 e venerdì 28 Ottobre per convincere il Parlamento della Vallonia a votare a favore dell’accordo commerciale e domenica 30 ottobre scorso il Presidente canadese Justin Trudeau si è recato a Bruxelles per firmare il trattato che nei mesi precedenti era sembrato vicino al fallimento. L’Unione Europea e Canada sono convinti dei risultati positivi che il trattato, una volta in vigore, porterà ai cittadini di entrambi i paesi. A quanto si apprende dal documento ufficiale del CETA, esso eliminerà il 99% dei dazi doganali tra Canada e UE consentendo un rilancio delle attività commerciali di import e export tra i due paesi, che beneficeranno di una totale apertura dei mercati, senza recare danno o modificare le attuali norme europee che regolano la sicurezza alimentare e dell’ambiente, i diritti sociali e dei consumatori e la salute dei cittadini. Gli standard di sicurezza alimentare ad esempio, rimarranno invariati e i prodotti canadesi importati in UE dovranno soddisfare tutte le condizioni e regole in vigore in Europa e viceversa. L’accordo ha lo scopo di incoraggiare gli investimenti, e nel caso delle aziende europee, saranno introdotte agevolazioni per rendere il processo di approvazione dei progetti di investimento in Canada più semplice. I settori che beneficeranno di questa apertura sono soprattutto il settore dei servizi, permettendo alle aziende europee di avere più opportunità di fornire servizi sul territorio canadese e rafforzare le attività di export, aumentando i profitti e rendendo le aziende più competitive, tutto in rispetto delle già esistenti norme canadesi e viceversa. Non solo settore terziario: ci sono novità anche per produttori di cibo e aziende agricole che potranno esportare in Canada e allo stesso tempo mantenere la propria indicazione geografica garantita. Infatti, si legge che molte piccole medie aziende europee beneficeranno dall’accordo, il quale distingue ben 143 diversi prodotti alimentari europei di specifiche regioni in UE. Questo è stato presentato come un grandioso risultato, che proteggerà i prodotti alimentari europei da imitazioni ed eviterà il rischio di essere considerati prodotti generici nel mercato canadese. Europa e Canada si impegnano a garantire nel CETA la protezione dei diritti dei lavoratori e ambiente. Il documento infatti dichiara che entrambi i paesi sono d’accordo che la promozione del commercio debba essere accompagnata da un maggiore impegno verso la protezione dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.

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Fig. 2 – Jean Claude Juncker, Justin Trudeau e Donald Tusk aspettano prima di firmare il documento definitivo del CETA, il 30 ottobre 2016

I PUNTI PIÙ CRITICI DEL TRATTATO: ICS – In rispetto alle regole che rimarranno in vigore, l’accordo prevede di assicurare la protezione degli investitori attraverso la creazione di un apposito tribunale competente, l’Investment Court System che prenderà il posto dell’attuale ISDS. Il documento specifica che entrambi i paesi vogliono impegnarsi sul tema della trasparenza, e in questo senso verranno resi pubblici i documenti dei casi trattati sul sito delle Nazioni Unite. Tuttavia, non sono mancate di certo le critiche da parte di molti gruppi di pressione. Ondate di proteste hanno smosso l’opinione pubblica europea e circa 3.5 milioni di persone in tutta Europa hanno firmato la petizione contro il CETA. Una ricerca del Corporate Europe Observatory ha studiato attentamente il documento dell’accordo contestando duramente varie parti dell’accordo. Le critiche sono anche sostenute da un altro documento autorevole frutto di una ricerca combinata di ricercatori ed analisti tedeschi e canadesi, il Making Sense of Ceta che si può vedere qui. Esso dichiara ad esempio che il tribunale, non avrebbe misure vincolanti e quindi non sarebbe in grado di sanzionare eventuali violazioni, e quest’ultime verrebbero valutate esclusivamente attraverso raccomandazioni e discussioni. Tuttavia, l’articolo 8.31.1 di CETA fa chiarezza su questo punto: se è vero che l’attivazione del tribunale avverrà solo dopo la ratifica di tutte le parti e quindi è da vedere come funzionerà nello specifico, il tribunale ai sensi del’ICS avrà poteri vincolanti una volta che il trattato stesso entrerà in vigore e se lo riterrà opportuno potrebbe imporre anche sanzioni. Inoltre, gli articoli 8.27 e 8.28 ribadiscono che esso sarà composto da un tribunale permanente, un tribunale d’appello chiamato a esaminare le decisioni del primo e da giudici indipendenti nominati da UE e Canada.

DIRITTO DEI GOVERNI DI REGOLAMENTARE – Il Corporate Europe Observatory sostiene che gli investitori, grazie al CETA, potranno fare causa agli Stati se in qualche modo credono che abbiano avuto perdite economiche causate da nuove regolamentazioni e politiche degli Stati. Tuttavia, il nuovo sistema di protezione degli investimenti, restringe il campo di azione degli investitori che contestano le decisioni o regole di uno Stato, facendo chiarezza che in nessun caso un’autorità pubblica sarà costretta a cambiare una parte della propria legislazione o risarcire l’investitore. Infatti l’articolo 8.9 su Investment and regulatory measures toglie ogni dubbio sulla possibilità che un investitore possa fare causa ad uno Stato per motivi meramente economici. Il CETA ribadisce che i Governi di entrambi i paesi possono cambiare le proprie leggi, includendo anche quelle che in qualche modo potrebbero danneggiare le aspettative di profitto degli investitori. In particolare, l’articolo 8.18 chiarisce che la risoluzione delle controversie in materia di investimenti è strettamente limitata alle violazioni di alcune disposizioni in materia di protezione degli investimenti che sanciscono principi fondamentali quali la non discriminazione, l’espropriazione solo per finalità pubbliche e contro un risarcimento adeguato e il trattamento giusto ed equo e in caso di danni ad uno specifico investitore. È importante ricordare che in nessun caso un reclamo può essere presentato al tribunale semplicemente perché un’azione, una nuova norma o regolamentazione di uno Stato ha avuto un impatto negativo nei profitti degli investitori. Ad esempio i Governi saranno liberi di regolare le proprie politiche sull’ambiente senza correre il rischio di essere portati in tribunale dalle aziende colpite dalla nuova regolamentazione. Lo Stato mantiene dunque la piena autonomia in materia di politiche da attuare e i Governi potranno anche cambiare le proprie leggi, includendo quelle che potrebbero diminuire le aspettative di profitto degli investitori, senza andare incontro ad una sanzione del ICS.

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Fig. 3 – Jean Claude Juncker firma il tanto atteso quanto criticato CETA, il 30 ottobre 2016

Il JOINT INTERPRETATIVE INSTRUMENT – Insieme al CETA, l’Unione e il Canada hanno firmato il Joint Interpretative Instrument, un documento aggiuntivo che avrà un obbligo legale e quindi vincolante che chiarirà ulteriormente una serie di articoli già presenti nel CETA, come l’ICS, il diritto degli Stati di decidere delle proprie politiche su servizi pubblici, diritto dei lavoratori e protezione ambientale. Il documento ha avuto un valore prima di tutto politico. Infatti esso è riuscito a convincere gli Stati europei ancora indecisi a votare in favore dell’accordo. Il documento Making Sense of Ceta sostiene invece che il Joint Interpretative Instrument sia pieno di buone intenzioni, ma come il CETA stesso, non avrebbe nessun tipo di valore legale vincolante né sanzionatorio. Le critiche dunque sostengono che l’introduzione del Joint Interpretative Instrument sarebbe stato uno strumento per mostrare all’opinione pubblica le buone intenzioni del trattato, facendo passare i punti più critici in sordina. Sicuramente c’è ancora molta confusione sul reale ed effettivo ruolo del tribunale e del Joint Interpretative Instrument e rimandiamo ogni giudizio a quando il nuovo sistema sarà in funzione.

IN CONCLUSIONE – L’Unione Europea conferisce al CETA anche un valore strategico geopolitico notevole. Infatti esso può essere inteso come una nuova strategia geopolitica e commerciale Europea per liberarsi (parzialmente) dalla dipendenza energetica Russa. Ciò lo si può dedurre dai vari tentativi dell’Unione di trovare fonti alternative di energia oltre alla Russia, dall’enfasi posta a favore del CETA e dal fatto che agli occhi di Bruxelles, il Canada può rappresentare un’alternativa ideale a Mosca. Dal punto di vista energetico, il CETA consentirebbe al Canada di sopperire al calo della richiesta energetica degli Stati Uniti. L’Europa accoglierebbe con piacere una maggior sinergia con il Canada nel settore energetico, in un modo che permetterebbe all’Europa stessa di sganciarsi dalla forzata dipendenza Russa e ciò verrebbe reso possibile dal CETA. Un giudizio definitivo sul trattato e sugli scenari internazionali che si presenteranno, lo potremo dare solo dopo la ratifica di tutte le parti, quando il trattato effettivamente entrerà in funzione e vedremo se queste norme saranno davvero applicate alla lettera o se ci saranno delle sorprese.

Riccardo Bifari

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””] Un chicco in più

Il Canada, negli anni successivi allo shock petrolifero del 1973, è diventato il primo fornitore di petrolio degli Stati Uniti, esportando al paese vicino, oltre il 90% del petrolio che estrae. Tuttavia, negli ultimi anni della amministrazione Obama, i passi in avanti fatti in termini di energie rinnovabili hanno preannunciato un calo di richiesta di petrolio da parte degli USA. Ciò ha portato il Canada a cercare altri paesi a cui esportare il petrolio, di cui il paese è fortemente dipendente. Per saperne di più guarda qui.

Per una lettura completa del accordo, si consiglia la visione del testo completo rilasciato dalla Commissione Europea. [/box]

 

Foto di copertina di Eoghan OLionnain Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-ShareAlike License

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Riccardo Bifari
Riccardo Bifari

Laureato in Scienze Politiche in Cattolica a Milano, ho avuto l’opportunità di collaborare con una NGO di Milano con relativo volontariato a Kolkata, India e con Pagella Politica. Tornato in Italia, ho conseguito un Master in International Relations ad ASERI. Amo i libri e il cinema, dai quali non mi separo quasi mai, e poi la passione per le relazioni internazionali mi ha fatto incontrare il Caffè…

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