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Inefficienza velivoli: i casi Francia, Germania e Regno Unito

Miscela StrategicaLa volontà politica di contrastare lo Stato islamico in “Siraq” – e forse, prossimamente, anche in Libia – si scontra con un’altra scelta, sempre politica, il taglio delle spese destinate al settore difesa. È così che anche Paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna si ritrovano a dover operare in teatro con mezzi solo parzialmente efficienti e in numero inadeguato

COME TAGLI ALLA DIFESA E PERSISTENTI GAP CAPACITIVI… – Quando, nel 2011, una coalizione di volenterosi intervenne in Libia per implementare la risoluzione ONU 1973, dei sedici Paesi che presero parte alle operazioni ben nove erano europei. Nel corso del tempo, con un ruolo statunitense che andava ridimensionandosi, i gap capacitivi delle Forze armate europee impiegate emersero distintamente, in particolare nell’ambito ISR e del rifornimento in volo.
Dopo la fine delle operazioni, anche sfruttando la volontà di implementare il percorso della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), molti Paesi avevano richiamato la necessità di trovare una risposta europea comune alle mancanze emerse nel 2011. In effetti, gli anni successivi hanno visto un incremento dei programmi EDA (European Defence Agency) in questa direzione, anche con il raggiungimento di qualche risultato – come nel settore del rifornimento in volo.
Ma rispetto alle potenzialità esprimibili sfruttando il framework offerto in ambito europeo, molto poco è stato fatto. Non avendo la possibilità economica di seguire la via nazionale per il rilancio della propria difesa (come vedremo meglio in seguito), ma non volendo perseguire quella europea – che consentirebbe sì di recuperare l’efficienza a costi contenuti, ma a patto di cedere quote di sovranità in un dominio considerato “riservato” – le Forze armate di molti Paesi sono in una fase di declino, che porta con sé una più o meno marcata perdita di efficienza. E non solo questa affligge anche Paesi “insospettabili” come Francia, Gran Bretagna e Germania, ma riguarda delle capacità particolarmente importanti per il tipo di interventi più probabili al giorno d’oggi, quelle dello strumento aereo.

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BOX.1 – Stime su effettiva disponibilità caccia multiruolo

Totale (al 31.10.2014) Immediatamente impiegabili

(non in manutenzione/non rischierati)

Francia (Rafale) 93 44
Germania (Tornado) 89 38
Gran Bretagna (Tornado) 104 8

Rielaborazione dell’autore su dati di Deutsche Welle (Germania), Libération (Francia), The Telegraph (GB). [/box]

…ORIGINANO NUOVA ASSERTIVITÀ SCARSAMENTE SUPPORTABILE – Dopo le missioni militari in Afghanistan e Iraq, iniziate rispettivamente nel 2001 e nel 2003, i Paesi occidentali hanno incontrato difficoltà crescenti nella partecipazione a missioni militari all’estero. Il motivo politico dichiarato è la casualty aversion, la riluttanza dell’opinione pubblica rispetto alla perdita di vite umane tra le fila delle proprie Forze armate. Questo ha fatto da volano per interventi che prediligono l’utilizzo degli aeromobili rispetto all’invio di truppe al suolo (i cosiddetti boots on the ground), opportunità che viene favorita dalla circostanza di operare prevalentemente in conflitti asimmetrici – contro forze non-convenzionali. In questo caso, infatti, i mezzi anti-aerei sono assenti o scarsi, e ciò consente di fiaccare il nemico “dal cielo”, colpendolo senza rischi elevati. Questo è stato lo schema utilizzato in Libia nel 2011 per combattere le forze filo-governative, e che si sta a oggi replicando in “Siraq” contro lo Stato islamico.
In questo teatro, dunque, l’efficienza del mezzo aereo è un elemento essenziale per tentare la buona riuscita della missione – già di per sé complessa per una serie di circostanze intrinseche di questo tipo di conflitti.
Ma il funzionamento ideale si scontra con una realtà ben diversa. La decisione di intervenire in un contesto è spesso dettata da valutazioni politiche che appaiono totalmente slegate da attente valutazioni strategiche, operative e tattiche; si arriva quindi a situazioni paradossali come quella britannica, francese e tedesca oggetto di questa analisi: dichiarare di volere agire in maniera forte senza tener presente che non ci sono i mezzi reali per farlo.
A un’analisi più attenta, peraltro, tale inefficienza deriva a sua volta da una scelta politica. Considerando il comparto difesa come settore di “secondaria importanza”, questo è stato – soprattutto in questi anni di crisi economica – oggetto di cospicue riduzioni di budget, che a sua volta peccava di un’allocazione inefficiente (pochi investimenti in R&S, manutenzione e acquisizioni a fronte di ingenti spese per la funzione Difesa).

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[tab_title] Francia [/tab_title]
[tab_title] Germania [/tab_title]
[tab_title] Gran Bretagna [/tab_title]
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[tab]Stando a un’interrogazione parlamentare del 2015, solo il 40% della flotta francese sarebbe immediatamente disponibile per un intervento. Due gli elementi che complicano il quadro: i molteplici impegni fuori aerea e la vendita di Rafale; in merito a quest’ultima, il Capo di Stato maggiore dell’Armée de l’Air, il generale Mercier, ha sottolineato come le vendite internazionali di tale velivolo (Egitto, Qatar) prelevando direttamente dalle commesse francesi abbiano un impatto diretto sull’efficienza complessiva dell’Arméè de l’Air. Dal momento che in precedenza si è tentato di spalmare i costi su più anni per risparmiare, e si erano ridotti gli ordinativi – quindi con linee di produzione più piccole – le flotte Mirage e Super Étendard sono arrivate al limite della loro vita utile. La Francia ha bisogno di vendere il Rafale per rientrare di una parte degli enormi costi sostenuti per il suo sviluppo, e al tempo stesso di averlo in linea quanto prima nell’Armée de l’Air e nella Marine Nationale. Oggi le due esigenze vanno in contraddizione. [/tab]
[tab]Un rapporto del Ministero della difesa sullo stato delle Forze armate ha sottolineato come, nonostante gli investimenti previsti nei prossimi dieci anni – 5.6 miliardi di euro – per l’acquisto di equipaggiamenti, sarà difficile arginare del tutto i gap capacitivi, che riguardano anche gli Eurofighter recentemente acquisiti per sostituire i Tornado. [/tab]
[tab]Secondo stime di IHS Jane’s del 2015, la RAF sarebbe a breve rimasta con 127 aerei da combattimento a causa della dismissione di 87 Tornado e di una prima tranche di 53 Typhoon. Questo avrebbe lasciato la RAF al numero minimo di velivoli dal 1918, almeno fino al raggiungimento della FOC per gli F35B – che è però prevista per il 2023. La SDSR (Strategic Defence and Security Review) introdotta alla fine del 2015 mira però a scongiurare tale crisi. Si è infatti rinunciato alla dismissione della Tranche 1 dei Typhoon, prevedendo anche l’aggiunta di un nuovo squadrone.[/tab] [/tabs]

L’ESEMPIO: L’IMPATTO SULLA LOTTA A IS – Dopo gli attentati di Parigi, divenendo più pressante l’esigenza di contrastare le attività e l’espansione dello Stato islamico, Francia, Germania e Gran Bretagna hanno annunciato la loro volontà di partecipare più attivamente alle operazioni. La Francia – presente con 24 Rafale, 6 Mirage, 8 Super Étendard – ha intensificato i bombardamenti su Raqqa; la Gran Bretagna ha ottenuto l’autorizzazione parlamentare a iniziare azioni offensive sulla Siria, con l’invio di due Tornado – a supporto degli otto già attivi in Iraq – e due Typhoon. La Germania ha invece rischierato sei Tornado, ma senza capacità offensive.
La presenza di queste forze sta avendo un impatto forte sulle operazioni? No.

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Missioni in Siraq: 

  • Russia: 63 velivoli – 50 missioni giornaliere (media)
  • USA: circa 100 velivoli in teatro – 10 missioni giornaliere (media)
  • Francia: 38 velivoli – 6-7 missioni giornaliere (media) [/box]

Guardando ai numeri ed effettuando una comparazione con Stati Uniti e Russia, si può notare come il numero delle sortite francesi sia notevolmente più esiguo a causa del numero di velivoli impiegati in teatro, della loro efficienza, dell’armamento disponibile, dell’intelligence. Lo stesso vale per la Gran Bretagna, i cui numeri sono ancora più esigui.
Discorso parzialmente diverso merita la Germania, visto che questa non sta conducendo missioni offensive in teatro, contribuendo solo alla sorveglianza e ricognizione. Anche in questo caso, però, l’efficienza dei velivoli impiegati è stata limitata, a detta di molti a causa di motivazioni tecniche. Nelle prime settimane di attività, infatti, i Tornado impiegati avrebbero dovuto limitare le proprie missioni – potenzialmente  24/7 – alle sole ore diurne a causa di incompatibilità tra i sistemi di illuminazione del cockpit e gli occhiali per la visione notturna. La mancata integrazione tra i due sistemi provocava fenomeni di abbagliamento dei piloti.
In sintesi, le prime falle capacitive iniziano già a manifestarsi, tra impossibilità di inviare un numero congruo di mezzi e problemi di efficienza. E questo in un’area in cui il grip dello Stato islamico risulta in diminuzione, a differenza di quanto, per esempio, sembra avvenire in Libia.
Cosa avverrebbe se le operazioni dovessero essere estese anche nel Paese africano? Con gli attuali gap capacitivi e a parità di impegno fuori area, gli Stati in esame non avrebbero modo di affrontare una simile missione.

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E IL FUTURO? – Sebbene il mantenimento di una simile situazione potrebbe portare a conseguenze estremamente negative, ci sono ancora possibilità di invertire la tendenza. Come potrà caratterizzarsi il futuro del mezzo aereo nei Paesi qui esaminati?

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[tab_title] Perdita di capacità operative [/tab_title]
[tab_title] Il pooling&sharing europeo [/tab_title]
[tab_title] Il ruolo degli APR [/tab_title]
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[tab]La continua diminuzione delle spese per la difesa potrebbe lentamente tradursi in una cospicua perdita di capacità operative. E, come abbiamo visto, in un contesto internazionale sempre più instabile e caratterizzato dalla crescente preferenza per le operazioni aeree, l’impossibilità di volare missioni efficienti diventa ancora più grave, e può ridurre notevolmente il peso ponderato del Paese che la “subisce”. Questo, infatti, non avrà né la possibilità di ricoprire ruoli di primo piano in missioni internazionali, né la capacità di operare missioni autonome in difesa dei propri interessi nazionali, divenendo dipendente da Paesi che detengono ancora queste capacità. [/tab]
[tab]Il rilancio di una effettiva cooperazione europea nel settore difesa appare a oggi più urgente che mai. Anche le Forze armate un tempo più efficienti sono, come abbiamo visto, in fase di declino; il rischio che ne deriva è che si possano perdere del tutto capacità detenute da decenni, e che sarebbe difficile ripristinare partendo da zero. Ancora una volta, purtroppo, il problema è prevalentemente politico. È difficile, infatti, pensare a una “condivisione” delle Forze armate in assenza di obiettivi politici che vadano nella stessa direzione. [/tab]
[tab]Come evidenziato il Libia, ma ancora prima in Iraq e Afghanistan, l’utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto di classe MALE e armati può compensare, almeno in parte, l’uso di altri mezzi aerei. Almeno due gli ordini di problemi per i casi qui analizzati. Il primo riguarda proprio l’armamento: dei tre Paesi qui in esame, solo la Gran Bretagna ha attualmente la possibilità di armare i propri APR. Il secondo è legato alle dimensioni della flotta APR. La Francia e la Germania sono in fase di acquisizione di alcune unità (rispettivamente di produzione statunitense e israeliana) che possano sostituire i mezzi già detenuti fino alla finalizzazione del programma MALE 2020, ma il numero di aeromobili detenuti – così come nel caso britannico – si dimostra esiguo, non consentendo l’uso estensivo in una serie di operazioni fuori area [/tab] [/tabs]

[one_half][box type=”warning” align=”” class=”” width=””]RISCHI

  • Perdita capacità effettive
  • Compressione delle possibilità di azione autonome
  • Impossibilità di intervento a protezione degli interessi nazionali [/box][/one_half]

[one_half_last][box type=”note” align=”” class=”” width=””]VARIABILI

  • Allocazione più efficiente delle risorse
  • Reale rilancio del pooling&sharing
  • Variazione del budget per la difesa [/box][/one_half_last]

Giulia Tilenni

Foto: LockheedMartin19

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Giulia Tilenni
Giulia Tilenni

Laureata magistrale in Relazioni Internazionali a Bologna – dove ha anche completato il Master in Diplomazia e Politica Internazionale, che l’ha portata a Francoforte sul Meno per un tirocinio di ricerca di tre mesi. Dopo una tesi in Studi strategici che analizza l’intervento militare in Libia del 2011 e una ricerca sui velivoli a pilotaggio remoto, è entrata a far parte del Caffè Geopolitico nel team Miscela Strategica.

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