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La Repubblica dei due Presidenti

Venerdì scorso il Parlamento romeno ha deciso, si torna a votare. Il Presidente Traian Basescu è stato destituito in seguito ad una mozione di impeachment. Il prossimo 29 luglio la popolazione romena dovrà decidere se il proprio Presidente sarà ancora in grado di guidare lo Stato. Una situazione alquanto complicata, ma che per Basescu non è affatto nuova

I RACCONTI DELL'ETA' DELL'ORO – C'era una volta il comunismo. Tutti i romeni erano uguali, ma alcuni erano più uguali di altri. Il più uguale di tutti era poi il dittatore Ceausescu, che, nel tentativo di ripagare l'ingente debito estero accumulato con le potenze occidentali, per dieci anni costrinse il proprio popolo a tirare la cinghia fino a condurlo alla fame. Nel dicembre del 1989 la popolazione, ormai stremata, scese in piazza a protestare e Ceausescu tentò invano la fuga aprendo il fuoco sui manifestanti. Fu così la fine della dittatura e l'inizio della democrazia in Romania. Il Paese si aprì, le multinazionali straniere giunsero e iniziò una crescita economica senza eguali.

Un Paese in crescita con il vivido ricordo degli orrori del comunismo. Questa è l'eredità che si è trovato tra le mani l'ex sindaco di Bucarest Traian Basescu, che nel 2004 venne scelto per condurre il Paese come Presidente della Romania. Il conservatore Basescu riuscì nel giro di pochi anni a guidare la nazione fin dentro l'Unione Europea, dando così definitivamente una spallata allo spettro sovietico e guadagnandosi amore e gloria in patria. Qualche mese dopo, nella primavera del 2007, giunse inaspettatamente il primo impeachment per l'amato Presidente, che sospeso dalle funzioni di capo di Stato, venne salvato dai suoi connazionali tramite referendum popolare.

 

RITORNO AL PASSATO – Poi, un giorno, venne la crisi. Quella crisi economica che dalla fine del 2008 ha colpito tutti, anche la Romania. Nei primi mesi del 2009 Basescu si trovò costretto a chiedere un prestito di 20 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale e alla Commissione Europea. Per contro, Bucarest dovette adottare dolorose misure di austerity: riduzione degli investimenti pubblici, congelamento delle pensioni, taglio degli stipendi statali, aumento dell’Iva e tagli dell’occupazione nel settore privato. Tali misure contribuirono a dare un duro colpo alla popolarità del sempre-meno-amato Presidente tra la popolazione romena, costretta a vedere il proprio tenore di vita precipitare vertiginosamente verso il passato.

Lo scorso gennaio, i romeni, stanchi di tirare ancora la cinghia, si riversarono nelle piazze per manifestare contro il più-odiato-che-amato Presidente della Romania e le sue misure d'austerità. Quelle stesse piazze dove ancora oggi si possono vedere i solchi lasciati dai proiettili dei fucili poco più di venti anni fa. Da questo momento in poi le similitudini con gli eventi del recente passato sono all'ordine del giorno e la popolazione romena inizia a chiedere a gran voce le dimissioni di Basescu, paragonato sempre più spesso al famoso dittatore.

 

E GUERRA FU – I mesi passano, i governi cadono (due per l'esattezza nel giro di pochi mesi) ma i cittadini rimangono in piazza a protestare. L'obiettivo è sempre lui, l'odiato Presidente. Basescu si trova costretto ad eleggere un Primo Ministro dell'opposizione, Victor Ponta, leader del partito socialdemocratico. E la guerra ha inizio. Il casus belli è semplice: quale tra i due leader politici deve rappresentare il Paese al Consiglio Europeo? La risposta al quesito sarebbe altrettanto elementare se la Romania non fosse una repubblica semi-presidenziale, dove il potere esecutivo è condiviso fra Presidente e Primo Ministro. Iniziano gli scontri a suon di interpretazioni della Carta Costituzionale, i ruoli si confondono, e il popolo romeno, agli occhi del quale il sistema semi-presidenziale appare ora la forma di governo più complicata seconda solo all'organizzazione politica dell'impero Ashanti, inizia a chiedersi chi sia davvero il presidente.

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TRA TEORIA E ROMANIA – Basescu perde la prima battaglia in Parlamento, ma alla fine ha la meglio grazie alla Corte Costituzionale. In teoria, la guerra è finita, poiché spetta al Presidente partecipare al Consiglio Europeo. Conscio della certezza che “teoria è teoria, Romania è Romania”, Ponta non si arrende e parte per Bruxelles. Intanto, è già all'opera per sostituire Ombudsman e Presidenti di Camera e Senato violando le procedure, modificare la legge che regola l'impeachment, sostituire i giudici della Corte Costituzionale, creare alcune ordinanze d’urgenza per impedire l’applicazione delle norme costituzionali, modificare la legge elettorale e richiedere la sospensione del proprio rivale. Il parlamento vota, Basescu è nuovamente sospeso dalla carica di Presidente.

Mentre tra i partner europei si diffonde la preoccupazione sullo stato di diritto in Romania, andandosi a sommare ai timori manifestati già da tempo riguardo agli alti livelli di corruzione nel Paese, il popolo romeno ancora una volta è chiamato alle urne. Sarà disposto anche questa volta a salvare l'ormai detestato Presidente? E una volta salvo da Basescu, chi salverà poi il popolo romeno dal non-Presidente Victor Ponta, accusato da molti di essere sostenuto dai malfattori reduci del vecchio partito comunista? Ai romeni l'ardua sentenza e, nel frattempo, ognuno per sé e il Massimo Fattor per tutti.

 

 

Martina Dominici (da Bucarest)

redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Martina Dominici
Martina Dominici
Instancabilmente idealista e curiosa per natura, il suo desiderio di scoprire il mondo l’ha spinta a studiare lingue straniere presso l’Università Cattolica di Milano e relazioni internazionali tra l’Università di Torino e la Zhejiang University di Hangzhou. Le esperienze lavorative presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC e Confindustria Romania a Bucarest hanno contribuito a forgiare il suo spirito girovago e ad affinare la sua arte nel preparare la valigia perfetta. Dopo quasi due anni di analisi strategica, si è occupata di ricerca per l’Asia Program dell’ISPI, prima di partire per la Thailandia come Casco Bianco per Caritas italiana in un programma di supporto ai migranti birmani. Continua ad essere impegnata nell’umanitario in campo di migrazioni.

 

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